Pillole di Pasta - ep. 2
Ecco il secondo prezioso contributo per Pasta Tua del prof. Davide Mondin, che ci invita a riflettere su
LA PASTA: PATRIMONIO GASTRONOMICO ITALIANO COME EREDITÀ DA TRASMETTERE
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Secondo i più autorevoli dizionari della lingua italiana il termine “patrimonio” deriva dal latino patrimonium, parola che a sua volta discende da pater, che significa “padre”. Gli stessi dizionari spiegano che si definisce “patrimonio” non solo complesso dei beni mobili o immobili che una persona o una comunità possiedono, ma anche l’insieme dei valori immateriali che ad esse appartengono e che sono ad esse pervenuti per eredità, per tradizione, eccetera. Viene così a delinearsi un’immagine molto suggestiva: una figura “paterna” che “lascia in eredità qualcosa a qualcuno” il quale a quel punto ne diventa “padre/custode” ed è a sua volta destinato prima o poi a fare altrettanto con chi lo seguirà.
Una simile chiave di lettura si presta in modo eccellente a capire ciò che da sempre accade nella cucina italiana, anche se in questo specifico caso si dovrebbe in realtà correggere la terminologia: il ruolo del “custode”, infatti, in Italia storicamente è stato svolto dalla figura materna, si dovrebbe quindi più propriamente parlare di“matrimonio”, i beni ed i valori di una madre, anziché di “patrimonio”!
Tornando al fatto che la nostra cucina si basa sulla trasmissione di un complesso di conoscenze, tale caratteristica non rappresenta certo una prerogativa esclusiva, essendo infatti riscontrabile in molti altri contesti nel mondo. Tuttavia ciò che risulta peculiare nel caso italiano è la dimensione spiccatamente “familiare” e anche un po’ “anarchica” di questo passaggio di informazioni. Anarchica rispetto a quanto avvenuto in altri Paesi, dove lo sviluppo del sapere gastronomico e il suo insegnamento sono da tempo strutturati in modo più organizzato e, spesso, focalizzato su pochi autorevoli esempi (cuochi famosi che codificano procedure e ricette, cucine di corte, ecc.), che vengono presentati come modelli di riferimento per l’intero territorio nazionale.
Da noi, divisi come siamo da secoli di contese e rivalità che anche a tavola non appaiono ancora sopite, non funziona e verosimilmente mai funzionerà così! L’orizzonte a cui rapportarsi è da sempre quello della famiglia, del quartiere o poco più in là: siamo orgogliosamente “provinciali”. Allo stesso tempo, però, constatiamo che il mondo globalizzato manifesta il bisogno di bilanciare proprio con la nostra dimensione “paesana” la spinta a superare tutti i confini.
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Ne’ dobbiamo scordare che negli ultimi anni il modello italiano è andato progressivamente affermandosi con successo anche in ambito ristorativo, segno che dunque questo nostro presunto “limite”, se ben sfruttato, potrebbe in verità costituire una preziosa risorsa.
Occorre dunque sostenere qualunque iniziativa volta a valorizzare la cucina italiana, che rappresenta sì un “patrimonio” nel senso sopra spiegato ma con una significativa particolarità: nel nostro caso, infatti, il “padrone” (cioè tutti noi) si trova a dover gestire una ricchezza che per essere preservata non deve essere gelosamente custodita nascosta in un forziere, ma al contrario va esposta, diffusa, sapientemente integrata da altri contributi e usata, altrimenti perde di valore.
In questo panorama la pasta e in particolare la sua preparazione manuale, sia in ambito domestico che professionale, svolgono un ruolo fondamentale, proponendosi tra i più preziosi beni da difendere e tramandare.
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Crediti:
l’immagine della cartina delle specialità italiane famose nel mondo viene da qui.
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